Tutti nudi è meglio
Solo per i veri credenti...
Piccolo spazio pubblicità...
La rivista anche se in edicola da qualche giorno sicuramente la troverete ancora, perchè costa 8 euro, e qui ho dimezzato la Combriccola, però acquistatela non ve ne pentirete, l'havana cola sacrificato ve lo offro io appena vi vedo...naturalmente solo se mi fate vedere lo scontrino.
Francesco e la Sambuca
Cosa resta del Family day?
Bella la famiglia...ma quanto sporca...
Malasanità, spente le luci si passaggia ancora.
A breve il video che documenta quanto detto.
Il mio negozio di musica
Mi chiedo come si fa. Come si fa a non aver paura a vivere. Mi giro e sento, sento tutto, si muove il mondo in torno, oggi più di ieri e temo meno di quanto farà domani. Poi mi guardo in giro e vedo i miei mobili con dentro le mie cose, i ripiani, le mensole zeppe di cose, oggetti miei. Ogni ripiano uno una sensazione, ogni pezzo, anche insignificante, ora rappresenta quello che deve rappresentare: anche se è nulla è già qualcosa. Ogni ripiano un segreto. Devo andare avanti, devo seguire il movimento, prima di fermarmi devo sbarazzarmi di tutto o al meno di quello che sento più mio e che non voglio che chi rimane capisca, che per un momento provi a capire, sono quel che mi va di far vedere, il resto è mio, mio e basta. In fondo tutto è soltanto il mio negozio di dischi: vario, bello, brutto, lento o veloce ma pur sempre musica.
I giorni passano sempre e le cose si accumulano una sopra l’altra, una di fianco all’altra, rimangono a simboleggiare che ci sono. Le cose che compro e non uso, le cose che hanno tutti e ho anch’io, ma quelle sono diverse, hanno un’altra consistenza, sono mie.
Forse ho bisogno di conferme, di darmi una collocazione nel tempo e nello spazio, come quando compri un libro che giudichi noioso ma importante, probabilmente non lo leggerai mai, ma quando torni a casa, quando senti di aver bisogno di rinvigorire la tua immagine, l’opinione buona che in fondo hai di te, magari ci passi davanti, ti capita di vederlo, lo guardi, lo senti parte di te perché un giorno lo leggerai e non dirai solo il titolo davanti agli amici, ma lo criticherai, ne troverai le pecche, discuterai sulla lentezza dei suoi dialoghi, ma alla fine concluderai dicendo che però è un libro da leggere, e lo consiglierai con quel tono di voce e quello sguardo di chi in fondo ne sa un po’ di più della vita. Perché la vita è questa, è presunzione. Presunzione cattiva, sana o buona, ma pur sempre presunzione di avere la chiave, di avere il modo giusto di vivere, anche quando dici di non aver trovato la tua dimensione, un tuo spazio, ti piace che gli altri lo pensino. In fondo è tutto come la camera che sto guardando, perfettamente in ordine e in disordine, perfettamente riposto negli scaffali o per terra alla mercè di chi guarda.
Ale e il Sudoku
Grande Ale
Vite parallele. Intervista ad un giovane immigrato.
G. è un ragazzo albanese di ventinove anni, in realtà non si chiama nemmeno G. ma il suo nome è troppo difficile dice, e a tutti si presenta così.
A: Da quanto tempo sei in Italia?
G: Circa dieci anni.
A: Perché proprio l’Italia e non un altro paese europeo?
G: Perché l’Italia è più vicina, è più facile arrivare e poi un po’ la conoscevo già.
A: In che senso?
G: Bè con la televisione. In Albania si vedono dei vostri canali e tante persone imparano l’italiano così.
A: E che cosa pensavi dell’Italia prima di venirci? Guardandola dalla televisione?
G: Pensavo fosse meglio. Con più soldi.
A: E adesso?
G: Adesso io sono fortunato perché lavoro e prendo tanti soldi, ma io ho avuto fortuna, da quando sono arrivato ho avuto fortuna.
A: Perché? Come sei arrivato?
G: Con il motoscafo come tutti, però io ho avuto fortuna, sono arrivato, non tutti sono arrivati. Quando sono arrivato io il mare era calmo e già le onde erano alte, pensa se c’era brutto tempo.
A: Chi guidava il motoscafo? E quanti eravate sopra?
G: Eravamo quindici venti, non mi ricordo, e guidava un ragazzino di tredici quattordici anni, perché se lo prendono non lo possono arrestare. Mi ricordo che vicino alla costa c’erano le onde alte e lui voleva tornare perché non riusciva a tenere il gommone, ma dalla radio gli gridavano che se tornava senza scaricarci gli sparavano.
A: E poi?
G: Poi sono arrivato a Milano con un treno e lì ho avuto ancora fortuna perché dopo un giorno che giravo fuori dalla stazione ho trovato un mio cugino che era già qui in Italia. Mi ha portato a casa sua, mi ha trovato lavoro da lui, facevo il muratore e poi ho potuto fare il permesso di soggiorno.
A: Non hai avuto paura?
G: No.
A: Perché? Non credo che tutti riuscirebbero a fare quello che hai fatto?
G: Non è vero. Quando devi andare via, quando devi scappare per poter mangiare fai quello che devi fare, non guardi in faccia nessuno e non hai paura di niente, l’avrebbero fatto tutti.
A: Come sei arrivato nel Nord-Est?
G: Dopo che ero in regola un amico mi ha chiamato per lavorare da queste parti, in una ditta che pagava di più. Poi non potevo rimanere da mio cugino e gli affitti qua costano meno. La vita poi è più tranquilla.
A: Perché secondo te ci sono così tanti problemi di integrazione tra albanesi e italiani?
G: Perché c’è paura, perché tanti pensano che tutti gli albanesi vengono qui per rubare e..
A: Però alcuni lo fanno.
G: Si è vero, è per quello che dico che sono stato fortunato, vedi se devi mangiare e non trovi lavoro, cosa fai? Non sto dicendo che è giusto quello che fanno ma sto dicendo che forse se non trovavo chi mi aiutava potevo farlo anch’io per mangiare.
A: Chi è che prende i soldi dei viaggi dall’Albania a qui?
G:
A: Adesso che sono passati più di dieci anni e che come dici tu sei stato fortunato, cosa vorresti fare?
G: Tornare a casa mia in Albania, da mia moglie.
A: Sei sposto?
G: Si, mi sono sposato prima di partire.
A: E quando vedi tua moglie?
G: Due tre volte all’anno quando torno.
A: Perché non la fai venire qui?
G: Non voglio e poi con i documenti…Poi voglio tornare io, vivere là, ma adesso devo guadagnare ancora un po’ di soldi.
A: E quando sei tornato cosa fai là con “ un po’ di soldi”?