Fermo in un punto. Le cose si accumulano su loro stesse: come il tempo, secondi, minuti, ore aggrovigliate insieme, una sopra l'altra, tutto intorno. Così alle sue spalle, così di fronte. Cambiano solo le sue mani, i suoi capelli, la sua faccia. Il resto non cambia: segue il suo mutare, si adatta a lui. È in continuo divenire statico. È un presepe e lui è Dio. Un Dio decaduto, un Dio stanco, senza ragione, collera o misericordia. È un Dio peccaminoso che odia, soprattutto i buoni: si, i buoni lo irritano più di ogni altra cosa. Aprendo le braccia come due ali non vola più, si limita a girare su se stesso, sempre più veloce. Riesce allora a vedere la sua vita con chiarezza, vede Ieri, Domani, si illude persino di percepire la presenza di Per Sempre che non esiste, vede nitidamente Mai. Lo circondano vorticosamente tutti: lo seguono, lo sostengono, lo soffocano, lo rassicurano. Le stanze della vita sono tutte di fronte a lui; le porte socchiuse, la luce accesa all'interno. Gli attimi vissuti diventano tutt'uno con il presente, si toccano tra loro, come i polpastrelli di indice e pollice di una mano, quando si chiudono a formare un ovale. Ecco, quello è il suo tempo: curvo. Lo spazio all'interno e' l'Infinito, con le sue infinite possibilità, paradossalmente limitate dal tempo.
(Personale interpretazione della Teoria quantistica dei campi nello spazio-tempo curvo)
(Personale interpretazione della Teoria quantistica dei campi nello spazio-tempo curvo)